È uscito l’11 novembre, data in cui si festeggia San Martino. In questa data la Chiesa ricorda il gesto del vescovo Martino da Tours che si privò del suo mantello per offrirlo a chi ne aveva più bisogno di lui. Così anche noi, con tutto il rispetto e la deferenza possibile, abbiamo donato un nuovo mantello al Nuovo Torrazzo, settimanale della diocesi di Crema.
Don Giorgio Zucchelli (nella foto), il direttore, ci ha intervistato. Ecco l’intervista uscita la settimana prima del lancio della nuova grafica.
Il Nuovo Torrazzo non smette di stupire. Prossimamente verrà pubblicato con una nuova grafica che lo renderà ancora più moderno e leggibile.
Non ci siamo mai stancati di aggiornare il nostro settimanale. Da quel lontano 19 giugno 1993, quando uscimmo con il nuovo formato e una nuova grafica, abbandonando il giornale “lenzuolo”, molti sono stati i cambiamenti.
Oggi ne proponiamo un altro, perché Il Torrazzo vive e si evolve continuamente. Certi che i nostri lettori apprezzeranno.
Ha studiato il rinnovamento grafico Alberto Valeri, lo stesso che ci ha fatto compiere il grande passo trent’anni fa, nel 1993.
Lo abbiamo ascoltato per farci spiegare la nuova grafica che ha studiato per il nostro settimanale.
“Trent’anni fa, nel 1993, avevo da un anno aperto lo studio con l’allora art director del Corriere Gian Luigi Colin e con lui ho fatto il primo progetto di un giornale, il vostro. Da lì la nostra attività si è dispiegata per 30 anni e continua tutt’ora.”
Vi abbiamo portato fortuna?
“Direi di sì, oltre ai diocesani e ai settimanali abbiamo disegnato anche importanti quotidiani nazionali e regionali.”
Adesso sei tornato a fare un’altra proposta grafica per la nostra testata.
“Il nostro ruolo è come quello di un sarto che adatta il vestito alle necessità della persona. Noi ci definiamo artigiani perché il nostro lavoro è quello di mettere in bella i giornali, i settimanali o i siti degli editori. Lo abbiamo fatto per tante testate, cercando di mettere in bella quanto il giornale offre dal punto di vista dei contenuti.
Per cui lo sforzo è quello dapprima di comprendere le necessità giornalistiche e dopo rivestirle da segni che in qualche modo permettano di far riconoscere il giornale al meglio: la grafica intende migliorare l’aspetto visivo della testata.”
La grafica è già anch’essa un messaggio.
“Certo. Una persona, prima di leggere, impatta sulla macrostruttura del giornale, tant’è che noi lavoriamo su due aspetti della leggibilità: la prima è quella interna, quella cioè della parola e del testo; poi c’è l’altra leggibilità, paradossalmente anche più importante, che è quella che permette al lettore di cogliere un contesto. Gli inglesi la chiamano readability, una leggibilità più ampia.”
Anche perché l’impostazione dell’impaginazione, la sistemazione degli articoli è sicuramente un messaggio.
“Certo perché, ad esempio, i titoli più grandi di fianco ai titoli più piccoli nascondono il messaggio che la notizia col titolo più grande è quella più importante. Tutti questi segni si rincorrono e hanno una loro valenza. Il segno è il contenuto, ogni elemento grafico porta a un ragionamento giornalistico. Questo lo facciamo anche perché prima di essere grafici siamo giornalisti.
Nel Nuovo Torrazzo si troveranno dei segni che lo caratterizzano. Si ripetono sia dal punto di vista dei caratteri, come i titoli che hanno un’unica font che viene sviluppata in tutto il giornale con diversi pesi e misure, o anche degli elementi che in qualche modo si mettono all’interno della pagina per contraddistinguere un elemento giornalistico, come i box oppure una scheda che riporta dei dati: elementi che sono disegnati in un preciso modo.”
Per quanto riguarda la nostra nuova grafica che cosa mi dici?
“Sono partito da un giornale molto ordinato e pulito, per cui, dal punto di vista del rifacimento non è stato difficile, perché ho sposato in pieno l’impaginazione che già avevate. Avete suddiviso la pagina in tre piani, quello centrale più importante e quelli sopra e sotto meno. È una logica che ho usato anche in un importante giornale. Qui l’abbiamo conservata: si trattava di ordinare meglio gli elementi, di dare loro più personalità e soprattutto, dal punto di vista di chi fa il giornale, dare più possibilità di impaginazione con schemi diversi l’uno dall’altro.
Ci siamo mossi nel vostro seminato, aggiungendo delle opzioni in più, ma tenendo forte il carattere del giornale, tant’è che il verde del Torrazzo ritorna nei titoli e il rosso l’abbiamo usato in alcune pagine di servizio. Anche la testata è rimasta quella di prima: per tradizione difficilmente mettiamo le mani sulla testata, perché è un elemento distintivo del giornale. Magari qualche ritocco, qualche sistemazione, ma non di più. Nel nostro caso l’abbiamo tenuta com’è, anche perché l’abbiamo fatta noi 30 anni fa.”
Avete pulito i riquadri colorati.
“Abbiamo semplificato, perché in alcune pagine non mi ritrovavo nel linguaggio visivo: c’era un po’ di confusione. Altro discorso per Il Torrazzo più che è un prodotto diverso: offre infatti contenuti non informativi, ma culturali. Gli abbiamo dato una personalità sua.
E poi abbiamo lavorato sulle rubriche e sulle pagine di servizio, mi riferisco soprattutto a Crema in tasca. Abbiamo rivisto tutta l’impaginazione, riordinandola, togliendo qualche colore e mettendo insieme qualche contenuto. Nelle pagine di servizio del Torrazzo ci sono tante notizie, altri giornali ne mettono meno.”
Noi consideriamo il giornale di servizio una scelta importante, perché una testata non è solo informativa. Abbiamo infatti un motto: “Hai un problema? Sfoglia Il Nuovo Torrazzo”. Un cremasco – ad esempio – quando deve scegliere dove andare la sera, apre il Torrazzo e trova tutte le possibilità.
“Un’altra cosa volevo aggiungere: l’approccio iniziale prima di costruire un disegno grafico è camminare su due binari: uno per far sì che il giornale sia più facile da leggere; due che sia anche facile da fare. Entrambe le cose devono coincidere. Bellissime impaginazioni che hanno difficoltà di realizzazione, nel giro di due o tre mesi vengono abbandonate o semplificate. Il che non va bene. Io ho sempre preferito lavorare sulla facilità sia visiva, sia operativa. Per evitare che i giornalisti mettano le mani sulla grafica e facciano qualche errore.”
Quali sono i caratteri che avete adottato?
“Il carattere del testo è un Utopia, di ottima leggibilità, che permette alla pagina di contenere parecchio testo, ma nel contempo di essere perfettamente leggibile. Nei titoli si usa il Playfair Display, font molto aggraziata. Si trovano tanti pesi all’interno della font stessa e quindi c’è possibilità di variare.
Poi c’è una terza font quella bastoni che abbiamo usato per il Torrazzo più, il Barlow.
I caratteri bastoni sono quelli che non hanno le grazie finali, ma terminano appunto come un bastone.”